giovedì 23 maggio 2013

Underfloor

Come racconta gianCarlo Onorato nel suo bellissimo Ex (Vololibero Edizioni) c’è stato un momento in cui Firenze era diventato l’epicentro dei nuovi suoni italiani. Non si tratta soltanto di dischi e passioni, di un legame dichiarato con certe espressioni anglosassoni (che gli Underfloor hanno assorbito e digerito a lungo), ma piuttosto del prendere atto della consapevolezza dei propri mezzi, di essere in grado di “formulare un progetto estetico e contenutistico, e in grado soprattutto di creare importanti collegamenti tra la musica e le altre discipline”. Parole che di adattano alla perfezione al quarto disco degli Underfloor, che vede un’importante maturazione del gruppo fiorentino, cresciuto in termini di arrangiamenti con la disposizione degli affascinanti archi di Giulia Nuti e un’esperta suddivisione tra le priorità delle canzoni e gli improvvisi sviluppi strumentali, dove le chitarre (in un bell’equilibrio tra elettriche e acustiche), viola e violino e le tastiere si intrecciano con una corposa struttura ritmica. Quattro è una concreta prova di coraggio, che non teme smentite nella bizzarra e intensa evoluzione di Stomp, nell’elegiaca Intorno a me, nel gusto sonoro (analogico) che ricorda quella Firenze, ipnotica e romantica, ormai uno stile (pop) a sé stante che gli Underfloor hanno saputo trasformare in una proposta personale e convincente. Compreso l’artwork di Quattro, semplice e accattivante, come capita di rado. (Lucia Jorio)

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