In
attesa del suo nuovo disco, Lost For Rock’n’Roll, previsto per il prossimo settembre, vale la pena
ricordare che Luca Milani giusto un paio d’anni fa ha inciso uno dei dischi
italiani più intensi degli ultimi anni. Sin Train è stata una vera sorpresa anche per chi aveva lo
aveva seguito prima nell’avventura, tutta italiana, dei File e poi con il nuovo
corso inaugurato da Scars And Tattoos.
Un sound asciutto, essenziale, con una produzione molto scarna eppure perfetta
per le malinconiche ballate e la personalissima voce di Luca Milani. In Sin
Train più ispirato che mai: Bandit, Jenny Stone, la tesissima Snow In Milan o l’ukulele di A Place To Stay Bright raccontavano allora come oggi di un songwriter capace
di affrancarsi dai propri sacrosanti modelli di riferimento (peraltro, molto
bella la sua versione dal vivo di No Surrender) e di trovarsi un’identità ben definita. Alcuni
passaggi di Sin Train, come Old
August Sun o Letters From Prague non hanno nulla da invidiare ai colleghi inglesi o
americani e l’uso di quella lingua, per uno “lost for rock’n’roll” (appunto)
risulta alla fine molto più spontaneo e (in fondo) anche logico. Così quello
che colpisce di Sin Train, oltre
alla qualità delle canzoni e alle interpretazioni di Luca Milani, è il coraggio
di un suono con una visione, un senso, un’idea che si adatta allo scopo e
funziona alla perfezione, per cui ci sembra lecito aspettarsi il bis. (Stefano Hourria)
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