E’
un particolare “family affair” questa repentina apparizione di Furio Y La Santa
Muerte, un trio di rispetabilissimi ceffi che oltre a Dennis Ercole al basso
vede Furio e Paolo Ganz all’opera. Il primo (figlio) maltratta batteria e
percussioni con energia ed eleganza, buon sangue non mente. Il secondo (padre)
ha una carriera lunga così nelle notti veneziane (e oltre) come armonicista
(soprattutto), cantante e chitarrista nonché scrittore (consiglio caldamente,
tra gli altri, Armonicomio e Venice
Rock’n’Roll, Fernandel). C’è la sua
verve dietro le cinque canzoni radunate in Furio Y La Santa Muerte, una meteora fiammeggiante che usa inglese, spagnolo,
italiano e un po’ di dialetto (nella bonus track Un mondo roverso ovvero Venice Rock’n’Roll) per esplorare mondi e tempi che profumano di grandi
passioni: i deliziosi fiati di Andrea Barin (tromba) e Paolo Corposanto
(sassofono) in All In A Glance
ricordano certi ancheggiamenti di Willy De Ville e nella caotica Wildcat trasformano Furio Y La Santa Muerte in un’orchestrina
mariachi che suona laggiù da qualche parte sul border. Del resto Es Una
Noche De Viento, come spiegano
altrove, e se c’è qualcosa da aspettarsi, oltre all’inevitabile Coffee Grounds
Blues, è proprio la baraonda finale
di Un mondo roverso, una
confessione spontanea e genunina in Furio Y La Santa Muerte ammettono: non
siamo i Beatles e nemmeno i Rolling Stones, viviamo in una cantina, e forse è
meglio così. (Alessandra Longo)
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