venerdì 24 gennaio 2014

Mandolin' Brothers

Si può spiegare Far Out dei Mandolin’ Brothers con un concetto semplice, essenziale, elementare, diretto: rock’n’roll al suo meglio. Dove abitano o che idioma parlano quando non cantano rimane un fattore abbastanza trascurabile, a questo punto: i Mandolin’ Brothers, qui coadiuvati con grande discrezione e assoluta dedizione alla causa da Jono Manson, dimostrano con Far Out di padroneggiare la lingua del rock’n’roll con tutta quella naturalezza che viene da un’insolita e instabile quel tanto che basta miscela di esperienza e istinto. Del primo ingrediente di questa gioiosa nitroglicerina, i Mandolin’ Brothers ne hanno in abbondanza, essendo sulla strada da oltre trent’anni. Del secondo, sono ancora così appassionati, e in Far Out a tratti si sente persino a livello epidermico, da essersi lasciati alle spalle, senza troppe esitazioni, anche un disco (splendido) come Still Got Dreams. Con Far Out, e lo dice il titolo stesso, si sono allontanati da casa, parecchio, e in effetti la confluenza di intenzioni tra Mandolin’ Brothers e Jono Manson ha prodotto qualcosa di diverso, rivelando un’elasticità e una visione, in prospettiva, del tutto inedite. I capolavori sono altri, d’accordo e nessuno in questa sede ha intenzione di contraddire i giudici, i critici e le enciclopedie. I Mandolin’ Brothers (e Jono Manson, che abbiamo adottato) vivono il rock’n’roll in un altro modo, che poi è quello giusto. Con un riff in più e il volume leggermente alticcio, che è poi il senso giusto con cui accostarsi a Far Out. (Eddie Spinazzi)

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