venerdì 29 marzo 2019

Michele Anelli

Chi vive per e/o con la musica, e a maggior ragione se si tratta di rock’n’roll, sa che deve confrontarsi con due dimensioni del tempo. Una è quella lineare, dei giorni da usare, delle ore e dei calendari, e l’altra è una curva imprevedibile che deve la sua traiettoria a fattori tutt’altro che identificabili. Divertente importante, nuovo e definitivo sforzo di Michele Anelli nell’ambito del cantautorato italiano, nasce proprio sull’onda dell’attrito tra una cronologia scandita dalle urgenze e dai riflessi della realtà e, non di meno, la necessità di stare “dentro un gioco molto grande”, come canta in chiusura di Raccolgo idee. Quanto di “divertente” ci sia da una parte e quanto di “importante” ci sia dall’altra resta indefinito, anche perché è evidente che nel corso del disco, i due aggettivi tendono a sovrapporsi e a scambiarsi le rispettive collocazioni. Del resto la giornata di Divertente importante è piuttosto lunga: si comincia all’alba (ore 6.13) e si finisce con la Buonanotte delle 23.43 e Michele Anelli, che oltre a cantare di fa carico delle chitarre, lo occupa con un ristretto combo di musicisti, comprendente Andrea Lentullo alle tastiere e Nick Taccori alle chitarre, nonché Elia Anelli ancora alle chitarre e Paolo Iafelice alla produzione. Un’essenzialità che offre a Divertente importante un’omogeneità e una coerenza inedite tra le atmosfere soulful di Ignora gli ordini alieni ed Est e le tensioni più elettriche di Ruggine e Ruvida emozione e quelle più rarefatte di Invisibili. Gli incisi strumentali, tutti molto belli ed eleganti, canzone dopo canzone, ora dopo ora, tendono a levigare i contrasti fino a sommarsi e a rendere Divertente importante il disco più personale e immediato di Michele Anelli. (Stefano Hourria)

giovedì 28 marzo 2019

Fungus

Dalla fucina dei Downtown Studios di Pavia, un nuovo capitolo arricchisce l’avventura dei  Fungus. L’ensemble a geometria variabile, eclettico, eccentrico ed eterogeneo nella composizione, ma coerente alla sua natura visionaria e psichedelica, sviluppa gli Stati uniti del nulla (un ottimo titolo) partendo dall’attitudine libera e curiosa di sempre, eppure con un’inedita consapevolezza delle forme musicali. Alla dirompente carica ritmica sviluppata da Basna (basso, stick) e da Pupo (nessuna parentela con l’omonimo) alla batteria, si sovrappongono e si intersecano le divagazioni chitarristiche di Guido (i cognomi sono banditi) e la formula, pur assecondando il gusto dell’improvvisazione e dell’estrapolazione proprio dei Fungus, si mantiene intatta in tutte le prospettive su cui si dipanano gli Stati uniti del nulla. Un’identità ormai molto solida e riconoscibile che garantisce gli spazi ideali per modellare le canzoni che sono una piccola sorpresa. Strettamente connessi alle iperboli strumentali dei Fungus, i versi sono provocazioni iconoclaste, assemblate con gusto dadaista, ma anche con un senso spiccato per le immagini e per le metafore, e, non ultimo, con la sana propensione ad attraversare inediti universi, senza dimenticarsi (anzi) l’amara realtà che ci circonda. Una percezione coraggiosa ed esplicita che dice, in Stati uniti del nulla: “All’orizzonte vedo distese di alberi morti, il cielo non ha più colore, il sole è oscurato, questo non è un sogno, io ho visto il futuro”. È solo un esempio, poi nell’acido turbinio dei Fungus, emerge in Esagono, un verso genialoide che è molto raro sentire in una canzone italiana: “Son rimasto prigioniero di un esagono, senza capire come ci sia finito, per uscire devo fare il perimetro, ma ogni lato è un numero periodico”. Caotici, spiritati, fin troppo intelligenti: questi sono gli Stati uniti del nulla. Per il resto, va da sé, c’è sempre Sanremo. (Marco Denti)

martedì 26 marzo 2019

Hellm

Gli Hellm si rivelano una realtà ben consolidata e, nonostante la novità della sigla, ormai esperta nell’affiancare Luca Milani. Federico Olivares è un chitarrista che ha la rarissima qualità della sintesi e il suo lavoro è fatto di poca appariscenza e molta, moltissima sostanza, così come l’incessante e dirompente assemblaggio ritmico di Giacomo Comincini alla batteria e Riccardo Marchesi al basso. All’urgenza del rumore (e in Idols comunque se ne sente parecchio) e dell’energia, gli Hellm, proprio a partire da Luca Milani, hanno saputo dare una forma più elastica con soluzioni brillanti, a tratti persino eccentriche come succede in Fun o con l’intelligente arrangiamento della  tromba in Ready To Fall. Piccole rivoluzioni capaci di mascherare quella sottile patina di nostalgia che pervade le canzoni: se Luca Milani ha ormai maturato uno stile che si è affrancato dai suoi numerosi modelli di riferimento, con Idols si è lasciato trascinare dai fantasmi di Scott Weiland, Chris Cornell e di Kurt Cobain, così come dai ricordi di un’infanzia e un’adolescenza che il rock’n’roll, in qualche modo (e a colpi di chitarra), riesce sempre a tenere vivi. Essenziale (poco più di mezz’ora), con un sound brillante e raffinato quel tanto che basta, Idols può essere una sorpresa anche per chi segue Luca Milani da tempo, ma è un disco destinato a lasciare una traccia importante. Se invece volete la risposta quale sia lo strumento più dannoso al mondo, gli Hellm ci ricordano che l’aveva già data il più amato dei loro Idols, Kurt Cobain: “La televisione. La televisione è la cosa più sinistra del nostro pianeta. Va’ subito a prendere la tua TV e buttala dalla finestra o vendila e compra uno stereo migliore”. Poi, usatelo per sentire Idols. A tutto volume. (Marco Denti)