L’omaggio di SirJoe Polito al suo “amico” Ry Cooder si trasforma in un disco brillante, suonato con energia e gusto, ma anche con una spavalda spensieratezza che non concede spazio a timori reverenziali. Le dodici canzoni scelte sono tutte riportate con una raffinata architettura di armonie vocali, dove spesso SirJoe Polito è coadiuvato da uno o più cantanti, e dagli arrangiamenti delle chitarre, sempre presenti in tutte le versioni (elettriche, acustiche, e slide, naturalmente), degli inserti delle tastiere, dell’armonica e del sassofono. Nello specifico, sono davvero intense le interpretazioni di How Can a Poor Man Stand Such Times and Live?, nel duetto con Paul Millns, e di The Dark End of the Street con Ivano Berti, per un’originale rivisitazione tra reggae e gospel. In generale, il suono ricorda molto quello effervescente tra Chicken Skin Music e Bop Tll You Drop, anche se in realtà SirJoe Polito esplora un po’ tutta la carriera di Ry Cooder e dei suoi fondamentali, e vanno citati almeno Chuck Berry (13 Question Method), Arthur Alexander (Go Home Girl), Blind Blake (Ditty Wah Ditty) e la scoppiettante cavalcata di Little Sister, in origine firmata da Doc Pomus e Mort Shuman e riproposta per l’occasione con una verve trascinante che ricorda da vicino i primi Los Lobos. Da notare anche Across The Borderline e Tattler e in compagnia di Jeff Pevar e Inger Nova Jorgensen e la conclusione da intenditori con Goodnight Irene. Un disco di gran classe, che si può ascoltare all'infinito.
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