Crossing è un disco avvolgente dove il naturale talento chitarristico (e non solo) di Enrico Cipollini viene riversato in una dozzina di canzoni che si collocano idealmente nel bel mezzo delle migliori stagioni del cantautorato americano, forse la più evidente delle influenze che segnano Down The Line, Somehow I Know, All I Really Know o The Only Name. Il sound è corposo e brillante, per quanto condotto dal ridotto combo degli Skyhorses, ovvero Iarin Munari alla batteria, Roberto Catani al basso e Fabio Cremonini al violino, e si fa notare dall’inizio di Slipping Away fino a Out of Here, ma è la personalità di Enrico Cipollini che emerge nell’arco dei quaranta minuti di Crossing. Si destreggia tra chitarre, dobro, basso, piano e se Inisheer o History Repeating possono ricordare il primo Ben Harper, in What’s Left To Do o Not Worth It, o ancora nella squillante Migrant Bird, spicca la maturità di un songwriter che, oltre a scrivere le canzoni, è capace di leggerle e di garantirgli le giuste cornici. Tutto Crossing, compresa l’elegante confezione, riflette un’ispirazione e una disposizione che Enrico Cipollini chiarisce senza esitazioni nella nota introduttiva: sarà anche vero che pensare al formato dell’album in sé, di questi tempi può suonare invariabilmente “out of time”, ma è anche bello e importante sapere che esiste ancora qualcuno capace di inseguire un’idea e di lasciarsi trasportare senza preoccuparsi della destinazione. Consigliatissimo.
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