L’esperienza variopinta della
copertina di Soma si riflette dettaglio per dettaglio nelle scoppiettanti forme
sonore proposte da Jama alias Gianmario Ferrario. A tratti sembra di risentire Back
To The Roots di John Mayall, dal vivo
ricorda moltissimo il primo Springsteen quello più disordinato e logorroico, in
alcuni passaggi coinvolge come Ben Harper e i suoi diretti discendenti ovvero
Jack Johnson e John Butler. Molto ritmo (macinato da Massimo Allevi al basso e
Francesco Croci alla batteria), molta psichedelia, una gran bella voce: Jama
non fa mistero poi delle sue influenze, in gran parte anglosassoni e tra
l’altro già rese esplicite negli omaggi contenuti in InToilettEual
And Poor, l’EP che ha preceduto Soma. Con John Martyn e Van Morrison a occupare un posto
stabile nella sua discoteca, Jama parte da lì per arrivare per modulare
divagazioni strumentali o il divertimento corale di Country Song che conclude Soma come se fosse una festa sull’aia,
con leggerezza e intelligenza. Altrove i percorsi sono più complessi perché la
ricchezza musicale di Jama e del suo trio (lui compreso) è abbastanza matura da
sapersi esprimere in modo efficace negli angoli di uno studio di registrazione,
anche se la spontaneità dal vivo è tutta un’altra storia. Soma rimane quindi un bel biglietto da visita per un
musicista che ha scelto un modo unico di proporsi, senza tanti patemi e con un
brio tutto suo. Tenetelo d’occhio. (Eddie Spinazzi)
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