In un periodo
storico in cui la musica italiana pare polarizzata attorno a linguaggi ritmici
e monocordi oppure su canzoni e immagini del tutto autoreferenti, l’esordio di
Emanuele De Francesco è una piccola sorpresa e una gran boccata d’aria fresca.
La scrittura di In quieta mente, così come avviene nella scomposizione dell’avverbio che diventa il
titolo, è un rosario di promesse e intuizioni, e, più di tutto ha una sua
“leggerezza” che si sposa in maniera inequivocabile con un’indiscutibile
profondità. Come,
raffinata negli arrangiamenti e incantevole nelle parole, o la sinuosa
evoluzione che rende L’aquilone una delle più belle canzoni italiane degli ultimi anni sono segnali
evidenti di un musicista che riesce a modellare le sue inflessioni anglosassoni
(sentire la slide e l’armonica in Raccontami un sogno, a riprova) con un background cantautorale
più nostrano. A questo stadio, è l’equilibrio di In quieta mente la notizia più importante: anche gli
arrangiamenti sono sempre molto misurati, asciutti e composti, segno evidente
che Emanuele De Francesco arriva all’esordio con abbastanza esperienza da non
bruciare tutto in un solo falò e quando canta “stiamo attenti a non cadere” ha
anche il coraggio, molto dylaniano, di evocare un tono profetico, quanto mai utile
di questi tempi. Ed è bella anche la Buona notte conclusiva, che non è un fiorellino perché ricorda di
più Nick Cave. Da tenere in considerazione. (Marco Denti)
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