Un paio d’anni fa,
in fondo a una lunga e laboriosa carriera da songwriter, non priva di
soddisfazioni, Riccardo Maffoni si è concesso una piccola, curiosa e molto
intelligente pausa, lasciando briglia sciolta alle proprie passioni che,
giudicando da 1977,
ondeggiano nei giorni pari verso Springsteen e in quelli dispari verso gli
Stones, con qualche piccola deviazione verso l’immancabile Van Morrison (Brown
Eyed Girl) e Sam Cooke con
l’inno di A Change Is Gonna Come. Gli omaggi di 1977, per quanto fedeli e precisi, sono tutt’altro che
pedanti e fin dall’inizio, Riccardo Maffoni gioca a sconfinare da un perimetro
all’altro, partendo ccon Beast Of Burden suonata come se fosse una canzone di The River. Da quell’immortale doppio album in bianco
e nero, arriva anche You Can Look (But You Better Not Touch), scarnificata in un rock’n’roll grezzo e
convincente, come se fosse stata suonata nella notte di Memphis, ed è molto
bella l’idea di spiegare cosa c’è all’origine di State Trooper, recuperando i suoni cupi, metallici e
gutturali dei Suicide, dimostrazione di una conoscenza del linguaggio e delle
sfumature impeccabile. Lo stesso vale per la versione di You Gotta Move, una canzone che abbiamo imparato tutti da
Sticky Fingers e che
Riccardo Maffoni riporta in fondo laggiù nel Delta. Ottimi anche i due inediti,
due affascinanti ballate che rispondono al nome di You’Re So Good To Me e Tonight I’m Here For You. Provate a riscoprirlo, ne vale la pena.
(Eddie Spinazzi)
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