Qui il progetto Grand Drifter prende forma in modo più compiuto rispetto l’essenza cantautorale di Lost Spring Songs e ancora una volta gli Yo Yo Mundi, sotto mentite spoglie, danno a Only Child un suono omogeneo e compatto che mette in risalto quel jingle-jangle chitarristico, in particolare in Haunted Life e As A Light Fareweel, che è una sua caratteristica ricorrente. Emergono così le dichiarate passioni britanniche, e non, di Andrea Calvo con sensazioni che riportano ai Felt, ai primi Smiths, a Jazz Butcher, agli amati Go-Betweens e persino ai R.E.M. di Fables of The Reconstruction. Proprio quelle atmosfere sognanti, introspettive e un po’ malinconiche affiorano nell’acustica The Big Without, adornata dagli archi di Chiara Giacobbe, il giusto intervallo nelle scorribande pop di A Deal With The Rain, Diary Of Sorts, Bookends o To The Evening Stars, dove l’approccio più vigoroso del solito sposa il baricentro di Grand Drifter verso qualcosa che ha ancora ampi margini evolutivi, pur confermando tutte le doti già rivelate da Andrea Calvo all’epoca di Lost Spring Songs: il gusto per l’immediatezza delle canzoni, l’accuratezza delle armonie vocali, gli arrangiamenti spontanei e nello stesso tempo raffinati coltivati con cura artigianale e molto altro, che va scoperto ascolto dopo ascolto nel corso di Only Child. Ha pure il pregio di durare giusto una mezz’ora, senza chiedere molto di più. Un disco per i giorni di pioggia, ma adatto a tutte le stagioni.
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