Feritoia segna una svolta significativa nel progetto dei Roseluxx che si segnalano per un notevole impatto sonoro che si associa a una rara ricerca nelle parole delle canzoni. Principali responsabili sono Tiziana Lo Conte che oltre a scegliere registri interpretativi suggestivi si dedica alle speculazioni elettroniche e le chitarre di Claudio Moneta, che è anche l’autore di gran parte delle liriche. Dal canto loro il basso (ma anche contrabbasso e violoncello) di Federico Scalas e la batteria di Marco Della Rocca dialogano come se i Roseluxx fossero una strana democrazia capace di approfondire atmosfere intense e suadenti come nella bellissima Imparare ad attraversare la strada o esperimenti ben più spigolosi come il succedersi delle variazioni sul tema di Garage Moebius, che in fondo determina la coraggiosa forma di Feritoia. Quasi un intero racconto, unico e uniforme nella scrittura (compresa la splendida rivisitazione di Brigata partigiana Alphaville) ed estremamente dinamico nelle scelte musicali, con alterazioni che comprendono feroci schizzi free e cupe ballate (Tenebra, Via Rasella) che attraverso la Feritoia dei Roseluxx lasciano intravedere un universo fluttuante eppure ben preciso (e ben schierato) nel suo evolversi. Persino profetico quando nell’affascinante Dersu Uzala, Claudio Moneta scrive (e Tiziana Lo Conte canta) “dentro la mia civiltà io non respiro”. E, per dirla tutta, è solo con dischi come Feritoia che la musica italiana può avere qualche speranza di sopravvivere e di rinnovarsi. Altrimenti, guardatevi la replica di Sanremo, che tanto è sempre lo stesso. (Marco Denti)
Nessun commento:
Posta un commento