Dopo anni di militanza in dozzine di gruppi, ensemble, progetti, collaborazioni ed eventi estemporanei, Paolo Ronchetti giunge all’esordio discografico con un album coraggioso che prova a sintetizzare la passione per “mille autori e musicisti” in uno stile personale e unico. L’allineamento di “ispirazioni e desideri” in Cose da fare ha una ricchezza intrinseca cresciuta coltivando una visione musicale panoramica ed elaborata, che comprende persino il riff e gli arrangiamenti di chiara derivazione nordafricana in Vedi come passa il tempo. È una bella sorpresa e non è l’unica perché ci trovate Enzo Jannacci e i Los Lobos, Tom Waits e Gianmaria Testa, i Suicide e Charlie Haden, Joni Mitchell e Patti Smith perché le canzoni di Cose da fare oggi serpeggiano anche tra i lati femminili, con parole modificate in corso d’opera, suoni che attingono a galassie distanti tra loro e che trovano nell’interpretazione di Paolo Ronchetti (e nell’accurata produzione di Michele Anelli) una felice coesione, uno spirito comune e condiviso. Magari è vero che L’amore è una focaccia calda, ma tra le Cose da fare pare di capire che abbia un ruolo molto più importante: l’album è pervaso da una tensione spirituale che comincia con il tambureggiare di Attendo il sereno e si congeda con l’intima confessione di Adoro le canzoni di Natale. Un’intensa e delicata lullaby che racchiude tutte “le cose” di Paolo Ronchetti: sono tante, spumeggianti, bellissime e vanno scoperte almeno con la stessa cura con cui sono state assemblate.
venerdì 3 maggio 2024
giovedì 9 novembre 2023
Nagaila
Testimonianza del percorso stilistico speciale e unico di Nagaila, Niente di reale avvolge con trame sonore elaborate, a tratti taglienti, più vellutate e incantevoli che sanno spiegare come “come fanno i sogni a sussurrare la verità”, uno dei versi più significativi di Venere, che poi viene puntualmente contraddetto nel finale. D’altra parte Niente di reale coltiva i contrasti con meticolosa partecipazione, assecondando l’intensa interpretazione vocale di Nagaila che senza sforzarsi incanta con piccole e affascinanti variazioni di tonalità, come succede in È tempo che rimane. Lo sfondo è garantito dalle orchestrazioni di Fidel Fogaroli le cui chitarre e tastiere creano la giusta atmosfera per canzoni che hanno una sensibile struttura pop, ma anche una raffinata natura d’autore, che si esprime al meglio in Delicata, Pesci sul confine e Artificiale, ma soprattutto nei riff ipnotici e nel grave pianoforte di Dracula che, insieme alla conclusione di Inverness, costituiscono il lato più ombroso, misterioso e profondo di Niente di reale. Lì si aprono già accennati in Misterica, dove la conduzione musicale si fa via via minimale, con una tromba (la stessa Nagaila) che si fa largo nello spesso ordito di sequenze, feedback e divagazioni elettroniche che imperversano sullo sfondo. Una colonna sonora crepuscolare e particolarmente attuale: Niente di reale è più un album da percepire che da ascoltare e dato che “le comete assorbono il segnale”, assorbitelo anche voi.
mercoledì 8 novembre 2023
Maverix
I Maverix non masticano soltanto ritmo ed energia come è d’obbligo in questo campo, dove un certo grado di caos è auspicabile e, per certi versi, inevitabile. Sì, si tratta senza dubbio di “nuotare nel buio senza controllo” come cantano in To The Alps, ma ci sta anche riconoscersi in un immaginario che comprende filamenti di scene americane (Josh Brolin, Sweet Alberta) e qualche vizio (Spaghetti Hymn, Cigars & Guns). È lì che i Maverix sanno organizzare attorno alle canzoni una bella struttura dinamica, ridotta all’osso quanto basta nella formula minima del trio, ma efficace dal punto di vista sonoro e capace di regolare le melodie chitarristiche country & western di Niccolò Cagnoni (ascoltate le note morriconiane di The Saddest of the Bar, giusto per esempio) sull’incessante deragliare della sezione ritmica (Matteo Bonini al basso e Alberto Dragoni alla batteria). Il risultato va un po’ oltre l’indispensabile ruvidità: Cowpunk! si rivela un disco ben rappresentativo, con un sound abrasivo e un sacco di armonie vocali e ritornelli contagiosi, passaggi strumentali adatti di Robert Rodriguez (prima fra tutti l’ouverture di 8.6) e riff spietati già predisposti per la spontanea combustione dal vivo, dove i Maverix sanno esprimersi al meglio e riescono a sparare rock’n’roll a tutto volume, che è sempre una cosa buona, giusta e senza controindicazioni. Seguiteli, seguiranno sviluppi molto presto.
martedì 3 ottobre 2023
Tiziano Tononi & The Pahà Sàpa Ensemble
In Winter Counts c’è tutta la drammatica storia dei nativi americani attraverso una montagna di musica aperta a tutte le evenienze. Se la base fondamentale è jazzistica, questa è l’origine di Tiziano Tononi, batterista, percussionista e deus ex machina di Winter Counts, nell’arco dei due dischi si inoltra in territori sonori molto distanti e a tratti in contrasto che l’ensemble attorno a Tiziano Tononi riesce a collocare in giusta misura che si tratti di Alan Stiwell, Johnny Horton, Johnny Cash o Frank Zappa. Le strutture dei brani si inerpicano lungo suite dalla forma sinuosa, libere nell’interpretazione e nell’improvvisazione, ma costruite secondo architetture ardite dove gli strumenti e le voci trovano comunque una precisa collocazione nel preciso impianto narrativo di Winter Counts che nella sua generosa collezione contiene saggi e note di James Grady, William Ferris, David Fulmer, Seba Pezzani e, naturalmente, dello stesso Tiziano Tononi. Così come la musica tende ad allargarsi, ad avvolgere e a suggerire atmosfere che ricordano le deportazioni (The Trail of Tears), i massacri (The Wounded Knee Rap) e le persecuzioni (A Holy Blues For John Trudell), la coerenza dell’elaborazione porta il nucleo centrale di Winter Counts, che parte dall’esperienza e dalle radici storiche americane, ad assumere un valore molto più ampio condivisibile anche sulle sponde del Mediterraneo. La formula, visti i tempi, è oltre modo coraggiosa perché si impone nelle dimensioni del lavoro e nello spirito free delle composizioni, nonché nel suo risoluto schierarsi dalla parte delle vittime di un mondo fragile e ingiusto ed è per questo che Winter Counts è un album cosmopolita, colossale, universale.
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